Il dott. Gerardo Rasetti, Direttore del reparto di Cardiologia dell’Ospedale Santo Spirito di Pescara, ci racconta che la nonna Camilla Chiola, sopravvissuta al marito Gerardo per trentacinque anni, è stata la fonte più preziosa nel tramandare gli episodi più significativi del marito, venuto a mancare prima che lui nascesse.
Laureato
in Medicina e Chirurgia presso l’università di Torino nel 1904, Gerardo Rasetti
si trasferì a Roma presso il
Policlinico Umberto I di Roma
che, realizzato
all’inizio del ‘900, era il più grande Ospedale d’Italia e si avvaleva dei più
illustri medici e chirurghi di allora.
L’inizio delle attività di medico condotto a
Loreto Aprutino avvenne nel 1908 in coincidenza della scomparsa della mamma
Anna. Gerardo tornò a Loreto e, per
assistere l’anziano zio arciprete Giacinto per il quale aveva un sincero
affetto, tanto che rinnovò il nome dello zio, accettò di rimanere a Loreto ed
iniziò ad esercitare la professione di medico condotto, il cui ruolo consisteva nell’assistere gratuitamente le persone
iscritte nell’elenco dei poveri del comune. Inoltre gli venne affidato
l’incarico di ufficiale sanitario con il
compito di prevenire le malattie infettive
nel territorio comunale, quali la
difterite, il colera, il tifo, l’epatite
virale e soprattutto la tubercolosi, tutte altamente contagiose, cioè capaci di trasmettersi da una persona all’altra.
A
Loreto conobbe Camilla Chiola e si sposarono, ebbero due bambini: Giacinto e
Berardina .
Finita
la prima guerra mondiale le malattie infettive ebbero una recrudescenza a causa delle scarse condizioni igieniche, della povertà e della cattiva alimentazione. In particolare ci
fu una epidemia detta spagnola, allora
di origine sconosciuta, che causò
milioni di morti in tutta Europa: i mezzi diagnostici erano approssimativi e le terapie del tutto
empiriche, perché gli antibiotici sarebbero arrivati dopo trent’anni.
Il
dottor Rasetti sentì
la necessità di curare il meglio possibile i suoi concittadini e decise di
recarsi nel centro Pasteur diParigi, centro all’ avanguardia nel
mondo per tali malattie.
Soggiornò
tre mesi a Parigi nell’ estate del ‘22 e poi nell’estate del ’24, apprendendo
nuove metodiche diagnostiche per
le malattie infettive, e scoprì
l’importanza degli esami radiologici
anche per i tessuti molli come il polmone, tanto che con il nipote
Nicola Perrotti di Penne , giovane neolaureato in Medicina, aprì il primo laboratorio
di radiologia in Abruzzo.
La
ricca esperienza parigina permise
di realizzare il dispensario di igiene
e profilassi a Penne
che si rivolgeva a tutta la popolazione dell’ area vestina,
allora molto popolosa. Tale laboratorio fu poi inglobato nell’ Ospedale S.
Massimo di Penne e il dott. Rasetti
progressivamente delegò le
responsabilità ad altri.
Negli
anni ‘30 tornò a frequentare l’ abazia di Montecassino dove
aveva studiato negli anni del liceo in quanto anche il figlio Giacinto vi studiava.
La
frequentazione dei dotti monaci benedettini gli aprì nuovi interessi culturali,
per cui iniziò ad approfondire la storia dell’ Abruzzo nell’ Alto Medioevo che
coincideva con la storia della altre abazie benedettine presenti nel territorio regionale.
Nonostante
i mezzi di trasporto limitati, visitò
le abbazie di Subiaco , di S. Vincenzo
al Volturno, Bominaco e quelle più vicine come S. Giovanni in Venere a Fossacesia
e S. Clemente a Casauria.
Fu
attratto dagli affreschi presenti in queste abbazie e ne approfondì il linguaggio pittorico sino a identificarne una matrice artistica unitaria.
Incoraggiato
dai monaci di Montecassino, che gli fornivano materiale dalla loro inesauribile
biblioteca, iniziò a pubblicare dei libri
sempre più documentati con
felici ed originali interpretazioni o intuizioni.
Da
ricordare “Il giudizio universale nella
pittura abruzzese” e “Il calendario nell’ arte benedettina” .
Questi
libri ebbero diffusione nell’ ambito dei critici e degli storici dell’ arte
suoi coevi e gli fu attribuito una menzione speciale dalla
Accademia d‘ Italia .
Infine
fu nominato presidente della Cassa di
risparmio di Pescara e Loreto Aprutino, perché fu giudicato così autorevole che fu eletto dai soci della Banca con l’intento di pacificare
le varie correnti politiche in
lotta tra loro.
Morì nell’ agosto 1943 in modo improvviso ed
inaspettato, mentre tornava da una visita
ad un malato presso la contrada
Cartiera. Il calesse tu portato a casa da una folla di concittadini sgomenti per l’ accaduto .
1.
Dott. Rasetti, quali
sono i ricordi più indelebili che la sua famiglia ha conservato di suo nonno e
le sono stati tramandati?
In
primis, la folla di concittadini che riaccompagnarono a casa il nonno
moribondo con alte grida di disperazione, come se fosse deceduta una persona della propria i famiglia.
Poi
il cane di don Gerardo. Infatti mio nonno amava i cani di grossa taglia che lo
accompagnavano nel giro delle visite domiciliari sena guinzaglio. I bambini di
allora ne avevano paura e così nacque
il modo di dire se una oggetto non si trovava: “sta in mocca
a lu cane di don Gerarde”, intendendo
che aveva una bocca così grande che poteva contenere ogni cosa ed anche
che sarebbe stato irrecuperabile.
Inoltre
molto spesso sosteneva i più indigenti e le famiglie numerose, intervenendo
direttamente sia per una corretta alimentazione sia per l’ acquisto dei farmaci, in quanto
allora i farmaci erano per lo più galenici, cioè erano
preparati dal farmacista con vari
componenti su prescrizione specifica
del medico. Tale generosità e solidarietà sono rimaste per molti anni nella memoria dei
beneficiati.
2.
Sappiamo che ha
frequentato il Collegio di Montecassino, da cui ha ereditato la passione per
l’arte e la cultura benedettina. Ma da ragazzo com’era? Era un ragazzo aperto e
curioso?
Dopo
le elementari a Loreto ha studiato a Montecassino, recependo la lezione
benedettina dell’ ora et labora.
Per
tutta la vita schivo e silenzioso, quasi
taciturno, sapeva rivolgersi ai loretani in dialetto stretto con grande efficacia, creando subito una
grande empatia, e altresì sapeva
comunicare con amici dotti, che condividevano con lui interessi
culturali o professionali, con la
proprietà di chi aveva fatto studi umanistici.
Particolarmente
attento al mondo latino, citava spesso nei
suoi scritti autori latini.
3.
Qual era il suo
rapporto con la religione cristiana? Ne amava solo l’aspetto culturale o era anche
un uomo di fede?
Non
frequentava la parrocchia, ma esaltava
la sua spiritualità attraverso lo studio
della cristianità. L’arte benedettina lo avvicinava alla cultura cristiana.
4) Durante gli anni di studi universitari ha
approfondito la profilassi e la cura della tubercolosi, malattia allora molto
diffusa, sa se aveva fatto al riguardo qualche scoperta?
Appena dopo la I guerra mondiale la tubercolosi era la prima causa di morte ,
altamente contagiosa colpiva molti
membri della stessa famiglia. Per migliorare le sue conoscenze frequentò nel ‘22 un corso internazionale di perfezionamento nell’Ospedale Charité di Parigi con il famoso
professor Sergent , poi sviluppò le
ricerche sierologiche nella Clinica di
Chauffard dove fu ammesso per concorso.
La
cultura specifica nel campo delle malattie infettive, e soprattutto della
tubercolosi, gli valse una borsa di
studio del Ministero degli Interni (allora non esisteva il Ministero della
Salute ) per cui approfondì l’organizzazione antitubercolare in Francia ed Inghilterra,
quindi vincitore di una ulteriore borsa di studio della Società delle Nazioni di Ginevra ( oggi Organizzazione Mondiale della Sanità
) visitò Belgio , Olanda , Germania e Serbia
per analizzare le strategie di prevenzione e la cura della tubercolosi adottate da tali Paesi allora all’
avanguardia.
Le
esperienze maturate in tali viaggi di studio sfociarono in specifiche
pubblicazioni quali: “Il dispensario di
igiene sociale”, “La lotta sociale contro
la tubercolosi”, “Il sanatorio moderno”. In seguito, passò dalla teoria
alla pratica e nel ’26 aprì il dispensario
di igiene sociale realizzato a
Penne proprio per la lotta alla
tubercolosi.
5) Pur avendo sempre svolto la professione di
medico, suo nonno era un appassionato e conoscitore dell’arte, specie quella
medievale; sa dirci da cosa nacque questa sua passione?
Sicuramente
nacque dai colloqui con i dotti monaci di Montecassino, che frequentava in quanto il figlio Giacinto
era studente liceale presso tale abbazia.
6)
Probabilmente le ha
trasmesso l’interesse per la medicina; e quella per l’arte e l’architettura?
Non avendolo conosciuto di persona, non mi ha trasmesso la passione per la
medicina. Tuttavia, quando ero adolescente, la possibilità di accedere alla sua
ricca biblioteca medica mi ha stimolato una
grande curiosità. Al momento di scegliere cosa fare, mi è sembrato naturale
percorrere tale strada.
Una
personalità molto forte quale
quella di Gerardo Rasetti ha esercitato sicuramente una particolare
attenzione verso l’arte abruzzese anche
nelle generazioni successive della sua famiglia.
7) Suo nonno è vissuto a Loreto Aprutino a
cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, in un periodo in cui vi vivevano e
operavano altre personalità che hanno dato lustro al nostro paese nei diversi
campi del sapere, da Alfonso di Vestea a Zopito Valentini o i fratelli Acerbo;
sa se intratteneva con loro rapporti di amicizia o professionali? Se sì, come
pensa abbiano influito sulle scelte e i suoi interessi?
Alfonso
di Vestea, professore di Igiene all’ Università di Pisa, indirizzò Gerardo Rasetti
verso i problemi della prevenzione delle malattie infettive e
se Rasetti non scelse di essere
chirurgo od oculista fu dovuto al
fascino esercitato dagli scritti di tale illustre scienziato conterraneo. Dei fratelli Acerbo, suoi coetanei, c’è traccia
di contatti frequenti con Giacomo, in
quanto medico curante della mamma Mariannina, ma non conosco legami politici
tra i due.
8) C’era, tra questi, qualcuno con cui si confrontava
solitamente e con cui amava discutere e scambiare opinioni? Ricorda al riguardo
qualche aneddoto?
Riporto
un aneddoto raccontatomi dal prof. D’Amico di Loreto.
Nella
primavera del ‘43 il prof. D’Amico tornò dal fronte in convalescenza. Il dott. Rasetti, dopo un
mese di convalescenza, sconsigliò di
ritornare al fronte perché la guerra
era in procinto di finire. L’ autorevolezza del medico spinse D’amico a
chiedere chiarimenti ai carabinieri, i
quali segnalarono l’ accaduto e il dott. Rasetti fu interrogato perché accusato
di disfattismo. L’intervento risolutivo
di Giacomo Acerbo chiarì che si trattava
di un malinteso.
9 In generale che rapporto aveva
con i suoi concittadini, anche quelli meno istruiti?
Sapeva
comunicare sia in dialetto stretto sia in
lingua con dotte ed appropriate
citazioni latine, quindi riusciva ad interloquire sia con le persone meno
istruite sia con i dotti.
10) Suo nonno ha pubblicato delle monografie
sul calendario iconografico e sui giudizi universali nella pittura medievale
abruzzese, uno in particolare sulla rappresentazione dell’Oltretomba
nell’affresco di Santa Maria in Piano; sa come furono accolti i suoi saggi tra
gli studiosi dell’epoca?
Il
libro sulla pittura di S. Maria in Piano
fu pubblicato nel 1935, preceduto
da: “ L’ arte medioevale in Abruzzo” e
“L’ordine benedettino in Abruzzo “, due pubblicazioni nel quattordicesimo
centenario della nascita del grande santo di Norcia. L’originalità dell’analisi
del Rasetti consiste nel trovare nel grande encausto di Loreto
la traduzione pittorica della visione di Alberico da Settefrati, così
come fu raccolta da Pietro Diacono a
Montecassino, individuando alcune
citazioni bizantine quali il ponte del capello.
11)
Sa per quale motivo specifico, oltre al
fatto che è stato un insigne studioso, gli è stata intitolata la nostra scuola
media?
La
scuola media gli fu intitolata nel ‘53 nell’ambito delle celebrazioni solenni nel decennale della morte di Rasetti, cui parteciparono il ministro Spataro, don
Perrotti, il prof. Bioglio, promotore delle celebrazioni, e il prof. Tucci, presidente dell’ ISMEO .
12) Quale
insegnamento o monito importante ha lasciato in eredità alla sua famiglia e
quindi anche a lei?
L’attenzione
continua verso i più bisognosi
13) Per concludere, lei quale insegnamento o
monito si sente di trasmettere agli studenti di Loreto Aprutino?
“Ora
et labora” ( Prega e lavora).