mercoledì 22 marzo 2017

CONOSCIAMO DON GERARDO RASETTI (LORETO APRUTINO, 1880-1943), MEDICO E UMANISTA, ATTRAVERSO LA TESTIMONIANZA DEL NIPOTE, PROF. GERARDO RASETTI






Il dott. Gerardo Rasetti, Direttore del reparto di Cardiologia dell’Ospedale Santo Spirito di Pescara, ci racconta che la nonna Camilla Chiola, sopravvissuta al marito Gerardo per trentacinque anni, è stata la fonte più preziosa nel tramandare gli episodi  più significativi del marito, venuto a mancare prima che lui nascesse.
Laureato in Medicina e Chirurgia presso l’università di Torino nel 1904, Gerardo Rasetti si trasferì a Roma presso il
                                               Policlinico Umberto I di Roma 
che, realizzato all’inizio del ‘900, era il più grande Ospedale d’Italia e si avvaleva dei più illustri medici e chirurghi di allora.
L’inizio delle attività di medico condotto a Loreto Aprutino avvenne nel 1908 in coincidenza della scomparsa della mamma Anna.  Gerardo tornò a Loreto e, per assistere l’anziano zio arciprete Giacinto per il quale aveva un sincero affetto, tanto che rinnovò il nome dello zio, accettò di rimanere a Loreto ed iniziò ad esercitare la professione di medico condotto, il cui ruolo consisteva  nell’assistere gratuitamente le persone iscritte nell’elenco dei poveri del comune. Inoltre gli venne affidato l’incarico di ufficiale sanitario  con il compito di  prevenire le malattie infettive nel  territorio comunale, quali la difterite, il colera, il tifo,  l’epatite virale e soprattutto la tubercolosi, tutte altamente contagiose,  cioè capaci di trasmettersi  da una persona all’altra.
A Loreto conobbe Camilla Chiola e si sposarono, ebbero due bambini: Giacinto e Berardina .
Finita la prima guerra mondiale le malattie infettive ebbero una recrudescenza  a causa delle scarse condizioni   igieniche, della povertà   e  della cattiva alimentazione. In particolare ci fu una epidemia detta  spagnola, allora di origine sconosciuta, che  causò milioni di morti in tutta Europa: i mezzi diagnostici  erano approssimativi e le terapie del tutto empiriche, perché gli antibiotici sarebbero arrivati dopo trent’anni.
Il dottor  Rasetti  sentì  la necessità di curare il meglio possibile  i suoi concittadini e  decise di  recarsi nel  centro Pasteur diParigi, centro all’ avanguardia  nel mondo  per tali malattie.
Soggiornò tre mesi a Parigi nell’ estate del ‘22 e poi nell’estate del ’24,  apprendendo  nuove metodiche diagnostiche  per le malattie infettive, e scoprì  l’importanza degli esami radiologici  anche per i tessuti molli come il polmone, tanto che con il nipote Nicola Perrotti di Penne , giovane neolaureato in Medicina, aprì il primo laboratorio di radiologia in Abruzzo.
La ricca esperienza parigina  permise di  realizzare il dispensario di igiene e  profilassi  a Penne  che  si rivolgeva  a tutta la popolazione dell’ area vestina, allora molto popolosa. Tale laboratorio fu poi inglobato nell’ Ospedale S. Massimo di Penne  e il dott. Rasetti progressivamente  delegò le responsabilità  ad altri.
Negli anni ‘30   tornò  a frequentare l’ abazia di Montecassino dove aveva studiato  negli anni del liceo  in quanto anche il figlio Giacinto  vi studiava.
La frequentazione dei dotti monaci benedettini gli aprì nuovi interessi culturali, per cui iniziò ad approfondire la storia dell’ Abruzzo nell’ Alto Medioevo che coincideva con la storia della altre abazie benedettine presenti  nel territorio regionale.
Nonostante i mezzi di trasporto limitati,   visitò le abbazie di Subiaco , di S. Vincenzo  al Volturno, Bominaco e quelle più vicine come S. Giovanni in Venere a   Fossacesia  e  S. Clemente a Casauria. 
Fu attratto dagli affreschi presenti in queste abbazie  e ne approfondì  il linguaggio pittorico sino a  identificarne  una matrice artistica unitaria.
Incoraggiato dai monaci di Montecassino, che gli fornivano materiale dalla loro inesauribile biblioteca,  iniziò a pubblicare  dei libri  sempre più  documentati   con  felici ed originali interpretazioni o intuizioni.
Da ricordare  “Il giudizio universale nella pittura abruzzese” e “Il calendario nell’ arte benedettina” .
Questi libri ebbero diffusione nell’ ambito dei critici e degli storici dell’ arte suoi coevi e  gli fu  attribuito una menzione speciale dalla Accademia d‘ Italia .
Infine fu  nominato presidente della Cassa di risparmio di  Pescara  e Loreto Aprutino,   perché fu giudicato  così autorevole   che fu eletto dai soci della Banca  con l’intento di  pacificare   le varie correnti  politiche in lotta tra loro.
Morì  nell’ agosto 1943 in modo improvviso ed inaspettato, mentre tornava da una visita  ad un malato  presso la contrada Cartiera. Il calesse tu portato a casa da una folla di  concittadini sgomenti   per l’ accaduto .


1.      Dott. Rasetti, quali sono i ricordi più indelebili che la sua famiglia ha conservato di suo nonno e le sono stati tramandati?

In primis, la folla di concittadini che riaccompagnarono a casa il nonno moribondo  con alte grida di disperazione,  come se fosse deceduta  una persona della propria i famiglia.
Poi il cane di don Gerardo. Infatti mio nonno amava i cani di grossa taglia che lo accompagnavano nel giro delle visite domiciliari sena guinzaglio. I bambini di allora ne avevano paura  e così nacque il  modo di dire  se una oggetto non si trovava: “sta in mocca a lu cane di don Gerarde”, intendendo  che aveva una bocca così grande che poteva  contenere ogni cosa  ed anche   che  sarebbe stato irrecuperabile.
Inoltre molto spesso sosteneva i più indigenti e le famiglie numerose,   intervenendo  direttamente sia per una corretta alimentazione  sia per l’ acquisto dei farmaci,  in quanto  allora  i farmaci  erano per lo più galenici, cioè erano preparati  dal farmacista con vari componenti  su prescrizione  specifica  del medico. Tale generosità e solidarietà  sono rimaste per molti anni nella memoria dei beneficiati.

2.      Sappiamo che ha frequentato il Collegio di Montecassino, da cui ha ereditato la passione per l’arte e la cultura benedettina. Ma da ragazzo com’era? Era un ragazzo aperto e curioso?

Dopo le elementari a Loreto ha studiato a Montecassino, recependo la lezione benedettina dell’ ora et labora.
Per tutta la vita schivo e  silenzioso, quasi taciturno, sapeva rivolgersi ai loretani in dialetto stretto  con grande efficacia, creando subito una grande empatia, e altresì sapeva  comunicare con amici dotti, che condividevano con lui interessi culturali o professionali,  con la proprietà di chi aveva fatto studi umanistici.
Particolarmente attento al mondo latino,  citava spesso nei suoi scritti  autori latini.

3.      Qual era il suo rapporto con la religione cristiana? Ne amava solo l’aspetto culturale o era anche un uomo di fede?
Non frequentava  la parrocchia, ma esaltava la sua spiritualità  attraverso lo studio della cristianità. L’arte benedettina lo avvicinava alla cultura cristiana.
4) Durante gli anni di studi universitari ha approfondito la profilassi e la cura della tubercolosi, malattia allora molto diffusa, sa se aveva fatto al riguardo qualche scoperta?
 Appena dopo la I guerra mondiale  la tubercolosi era la prima causa di morte , altamente contagiosa colpiva  molti membri della stessa famiglia. Per migliorare le sue conoscenze frequentò  nel  ‘22  un corso internazionale di perfezionamento  nell’Ospedale Charité di Parigi con il famoso professor Sergent , poi sviluppò  le ricerche sierologiche   nella Clinica di Chauffard  dove fu ammesso per concorso.
La cultura specifica nel campo delle malattie infettive, e soprattutto della tubercolosi,  gli valse una borsa di studio del Ministero degli Interni (allora non esisteva il Ministero della Salute )  per cui  approfondì l’organizzazione  antitubercolare in Francia ed Inghilterra, quindi vincitore di una ulteriore borsa di studio  della Società delle Nazioni di Ginevra  ( oggi Organizzazione Mondiale della Sanità )  visitò Belgio , Olanda , Germania e Serbia per analizzare le strategie di prevenzione e la cura della tubercolosi  adottate da tali Paesi allora all’ avanguardia.
Le esperienze maturate in tali viaggi di studio sfociarono in specifiche pubblicazioni  quali: “Il dispensario di igiene sociale”, “La lotta sociale contro  la tubercolosi”, “Il sanatorio moderno”. In seguito, passò dalla teoria alla pratica e nel ’26 aprì il dispensario  di igiene sociale  realizzato a Penne  proprio per la lotta alla tubercolosi.
5) Pur avendo sempre svolto la professione di medico, suo nonno era un appassionato e conoscitore dell’arte, specie quella medievale; sa dirci da cosa nacque questa sua passione?
Sicuramente nacque dai colloqui con i dotti monaci di Montecassino,  che frequentava in quanto il figlio Giacinto era studente  liceale presso  tale abbazia.

6)      Probabilmente le ha trasmesso l’interesse per la medicina; e quella per l’arte e l’architettura?
 Non avendolo conosciuto di persona,  non mi ha trasmesso la passione per la medicina. Tuttavia, quando ero adolescente, la possibilità di accedere alla sua ricca biblioteca medica mi ha stimolato una  grande curiosità. Al momento di scegliere cosa fare, mi è sembrato naturale percorrere tale strada.
Una personalità molto forte quale  quella  di  Gerardo Rasetti   ha esercitato sicuramente una particolare attenzione verso l’arte abruzzese  anche nelle generazioni  successive  della sua famiglia.

7) Suo nonno è vissuto a Loreto Aprutino a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, in un periodo in cui vi vivevano e operavano altre personalità che hanno dato lustro al nostro paese nei diversi campi del sapere, da Alfonso di Vestea a Zopito Valentini o i fratelli Acerbo; sa se intratteneva con loro rapporti di amicizia o professionali? Se sì, come pensa abbiano influito sulle scelte e i suoi interessi?

Alfonso di Vestea, professore di Igiene all’ Università di Pisa, indirizzò Gerardo Rasetti verso  i problemi   della prevenzione delle malattie infettive e se Rasetti  non scelse di essere chirurgo  od oculista  fu dovuto al  fascino esercitato dagli scritti di tale illustre scienziato  conterraneo. Dei  fratelli Acerbo, suoi coetanei, c’è traccia di  contatti frequenti con Giacomo, in quanto medico curante della mamma Mariannina, ma non conosco legami politici tra i due.
8) C’era, tra questi, qualcuno con cui si confrontava solitamente e con cui amava discutere e scambiare opinioni? Ricorda al riguardo qualche aneddoto?

Riporto un aneddoto raccontatomi dal prof. D’Amico di Loreto.
Nella primavera del ‘43 il prof. D’Amico tornò dal fronte   in convalescenza. Il dott. Rasetti, dopo un mese di convalescenza, sconsigliò  di ritornare al fronte  perché  la guerra  era in procinto di finire. L’ autorevolezza del medico spinse D’amico a chiedere chiarimenti ai carabinieri,  i quali segnalarono l’ accaduto e il dott. Rasetti fu interrogato perché accusato di  disfattismo. L’intervento risolutivo di Giacomo Acerbo chiarì  che si trattava di un malinteso.

          9 In generale che rapporto aveva con i suoi concittadini, anche quelli meno istruiti?
Sapeva comunicare  sia  in dialetto stretto  sia  in lingua  con dotte ed appropriate citazioni latine, quindi riusciva ad interloquire sia con le persone meno istruite sia con i dotti.

10) Suo nonno ha pubblicato delle monografie sul calendario iconografico e sui giudizi universali nella pittura medievale abruzzese, uno in particolare sulla rappresentazione dell’Oltretomba nell’affresco di Santa Maria in Piano; sa come furono accolti i suoi saggi tra gli studiosi dell’epoca?
  Il libro sulla pittura di S. Maria in Piano  fu pubblicato nel  1935, preceduto da: “ L’ arte medioevale in Abruzzo”  e “L’ordine benedettino in Abruzzo “, due pubblicazioni nel quattordicesimo centenario della nascita del grande santo di Norcia. L’originalità dell’analisi del  Rasetti consiste nel trovare  nel grande encausto  di Loreto  la traduzione pittorica della visione di Alberico da Settefrati, così come fu  raccolta da Pietro Diacono a Montecassino,  individuando  alcune    citazioni  bizantine  quali il ponte del capello.

11) Sa per quale motivo specifico, oltre al fatto che è stato un insigne studioso, gli è stata intitolata la nostra scuola media?

La scuola media gli fu intitolata nel  ‘53  nell’ambito delle celebrazioni solenni  nel decennale della morte di Rasetti,   cui parteciparono il ministro Spataro, don Perrotti, il  prof.  Bioglio,  promotore delle celebrazioni, e il prof. Tucci,  presidente dell’ ISMEO .

12) Quale insegnamento o monito importante ha lasciato in eredità alla sua famiglia e quindi anche a lei?

L’attenzione continua verso i più bisognosi

  13)  Per concludere, lei quale insegnamento o monito si sente di trasmettere agli studenti di Loreto Aprutino?

“Ora et labora” ( Prega e lavora).